La proprietà Gianella, ex monastero di S. Prassede
Lunghi anni - dal 1816 al 1831 -, raccontano i documenti, durarono le controversie di Giacomo Gianella per i diritti
sull'acqua del locale di S. Prassede, acqua che proveniva dalla roggia Ticinello, che irrigava anche diversi fondi posti
nei Corpi Santi di porta Tosa e porta Romana. La annosa vertenza, diretta contro i proprietari di tali fondi - conte
Giuseppe Greppi, Gaspare e Ambrogio Vimercati, Bartolomeo Stabilini - terminò con una sentenza del tribunale di prima
istanza di Milano, dell'agosto 1828, confermata poi in appello, che dava ragione al Gianella.
Dalla parte del monastero di S. Prassede, ora proprietà Gianella, è pervenuta una pianta dettagliata, presentata al
Comune, allegata alla richiesta di poter innalzare un muro divisorio con la casa continua. Posta a confronto con una
pianta settecentesca del monastero, attribuita, come abbiamo già detto, al Pellegrini - conservata nella Raccolta Bianconi
dell'Archivio storico civico - ne possiamo fare il confronto e coglierne i mutamenti.
Nel 1853, quando ormai Giacomo Gianella era morto e il patrimonio era passato ad un nipote sotto tutela, si pensò di
vendere il complesso al municipio di Milano. A quel momento l'amministrazione "del monastero della presentazione di
religiose agostiniane presso S. Prassede", monastero che occupava ormai soltanto una piccola parte del complesso edilizio,
chiese al Comune di poter portare a maggiore altezza "per viste di disciplina claustrale, il muro di cinta che divide il
giardino del monastero dalla proprietà Gianella, prima della stipulazione del contratto di acquisto".