Le ulteriori vicende della fabbrica
Verso la metà dell'Ottocento il monastero di S. Prassede aveva ormai i giorni contati. Fallito il tentativo di
trasformarlo, almeno in parte, in luogo di lavoro con la manifattura di lana e cotone, morto nel frattempo il fisico
Gianella, i tutori del minorenne nobile Giuseppe Gianella vendettero di buon grado la loro parte di edificio al Comune di
Milano. Come risulta da alcuni documenti conservati nell'Archivio di Stato e nell'Archivio civico di Milano, il fatto era
nato dalla diramazione di un dispaccio del 23 marzo 1853 da parte del feldmaresciallo Radetzky, governatore civile e
militare di Milano. In esso si ordinava di costruire, a spese del Comune di Milano, una o più caserme, capaci di contenere
due battaglioni di fanteria e tre squadroni di cavalleria. Il 27 giugno dello stesso anno una Commissione, nominata per
l'occorrenza, si riunì negli uffici della imperial regia Delegazione, sotto la presidenza dell'imperial regio Delegato
G.P. Villa, presenti i membri cav. de Volg, tenente colonnello addetto al Comando della città, cav. Domascevsky, direttore
del Genio, gli assessori municipali nobile cav. Giovanni Lurani e cav. Barabani de Ceviali, dott. Pietro Rusconi, aggiunto
fiscale, ing. Carlo Caimi, ingegnere capo provinciale delle pubbliche costruzioni, assistito dall'ing. Masetti. Durante la
seduta, la Commissione delegata si diede da fare per ricercare la località più opportuna per innalzare una caserma nella
zona di porta Tosa. Furono proprio i membri militari della stessa a riconoscere la casa Gianella, al n. 118 dello stradone
di porta Tosa, come l'edificio più conforme al bisogno, tanto per la sua ubicazione che per la vastità, per la
distribuzione dei locali e per l'ampiezza delle corti e dell'ortaglia. Stabilito così di comune accordo il luogo, si
decise che fosse necessaria una perizia del caseggiato e dell'annessa ortaglia ed indispensabile la trattativa col tutore
del nobile minorenne Giuseppe Gianella, proprietario dell'edificio. Nella stessa riunione venne anche tassativamente
fissato il prezzo di compra-vendita nella cifra di 745.000 lire e affidato l'incarico del contratto al notaio Giuseppe
Velini, con le parti interessate. Per guadagnare tempo, i presenti esaminarono addirittura la valutazione delle eventuali
modifiche della perizia di vendita della casa Gianella e interpellarono anche il tutore del minore Gianella, cav. Andrea
Spech, sul prezzo proposto. Il cav. Spech chiese, però, due giorni per decidere, pur sapendo che, in ogni caso, la mancata
accettazione dell'offerta avrebbe comportato l'espropriazione forzata. "Prima di chiudere la seduta i membri militari
della commissione hanno fatto presente che la chiesa di S. Prassede ed annessivi locali d'abitazione del cappellano
custode, giusta gli ordini emanati dall'alta Superiorità Militare, deve pure essa essere incorporata alla caserma da
stabilirsi in casa Gianella".
Il 30 giugno il cav. Andrea Spech dava la sua risposta e confermava all'apposita commissione, riunitasi un'altra volta
negli uffici dell'imperial regia Delegazione di Milano, di essere disposto, nell'interesse del tutelato minorenne nob.
Giuseppe Gianella, a cedere la casa con annessa ortaglia e diritti d'acqua e pertinenze relative - il tutto "cadente sotto
i numeri 118 e 119 della città di Milano, per il prezzo di austriache L. 745.000". Ribadiva, inoltre, che i locali
suddetti e loro annessi sarebbero stati a disposizione dell'acquirente entro il 29 settembre 1853. Il cedente, nel
frattempo, avrebbe tacitato eventuali diritti o pretese avanzate da inquilini. I membri militari della commissione fecero
quindi presente che la casa Gianella doveva "essere posta senza fallo a loro disposizione nel giorno 29 settembre 1853".
La stesura del rogito di vendita venne concordata per il 28 settembre 1853. Esso fu così stipulato: alla Regia città di
Milano venne venduto il vasto locale di S. Prassede in porta Tosa n. 118 e 119 con l'ortaglia e i diritti d'acqua, al
presso di L. 749.000. La consegna avrebbe dovuto avvenire il successivo 30 settembre e da tal giorno alla Regia città
acquirente incombevano tutte le spese ordinarie e straordinarie, oltre che le tasse sulla vendita. E, inoltre, gli stabili
avrebbero dovuto essere liberati da qualsiasi ipoteca o vincolo reale; tutti i pagamenti, tanto del capitale quanto degli
interessi, sarebbero stati versati direttamente al nobile minorenne Giuseppe Gianella o al suo tutore, in monete d'oro e
d'argento di giusto peso, o in assegni, o in obbligazioni di Stato, o in carta moneta.
Ma le vicende della caserma di S. Prassede non erano ancora terminate: da alcuni documenti conservati nell'Archivio civico
apprendiamo un altro passaggio di proprietà, questa volta dal Comune allo Stato; il 30 aprile 1857 il notaio Giuseppe
Capressi stese, infatti, un rogito di vendita della caserma di S. Prassede ed annessi diritti d'acqua all'Erario militare
austriaco, al prezzo di L. 1.000.000. La somma, da pagarsi in cinque rate annuali al Comune di Milano - di cui sono
pervenute alcune ricevute di pagamento del 1859 - era da destinarsi all'ampliamento ed abbellimento dei giardini pubblici,
nei terreni annessi all'ex palazzo Dugnani, in conformità al progetto già accettato il 3 febbraio precedente
dall'imperatore Francesco Giuseppe. Nel contratto veniva inoltre fissato il pagamento dell'ipoteca a favore del nobile
Giuseppe Gianella, venditore al Comune di Milano del caseggiato, entro il 1860. Al rogito era allegato con data 17 aprile
l'atto di descrizione della caserma di S. Prassede, comprendente anche i fabbricati del sacerdote e la chiesa del
monastero, entrambi non venduti al Comune, perché ormai soppressi e quindi già di proprietà erariale.
Nell'ultimo ventennio dell'Ottocento il Genio militare provvedeva, in anni successivi, a migliorare la costruzione della
caserma. Nel 1882 ottobre 10 ottenne, così - in seguito a richiesta del 16 settembre del colonnello direttore -
autorizzazione dell'ufficio tecnico del Comune per un avanzamento di 15 cm. sull'area stradale "della fronte della caserma
di cavalleria di S. Prassede" verso via S. Barnaba.