Il palazzo verso il compimento
Il Comune di Milano, che aveva sostenuto le spese di costruzione e aveva seguito diligentemente l'innalzarsi dell'opera,
come conseguenza di accordi intervenuti tra l'amministrazione dello Stato e quella locale - rappresentata dal podestà
Guido Pesenti e dal suo vice Franco Marinotti - accordi sanciti con un decreto del 5 settembre 1938, passò la proprietà
del Palazzo di Giustizia all'amministrazione statale.
I lavori del palazzo proseguirono, dunque, fino al 1940. Nel Corriere della Sera del 18 gennaio 1938, nella pagina
dedicata al Corriere milanese, un titolo a caratteri cubitali annunciava "il Palazzo di Giustizia verso il compimento". Il
rustico dell'edificio - informava il cronista - era ormai rivestito, con un lavoro durato due anni, di lastre di marmo per
un'area murale di diciassettemila metri quadrati, i locali avevano ricevuto le ultime finiture - porte, finestre,
pavimenti, impianti elettrici e riscaldamento - ed erano ormai terminati anche gli abbellimenti di stucchi e di
decorazioni, mentre venivano man mano co0llocate le opere d'arte, appositamente eseguite da artisti di fama. Più di
cinquecento operai cercavano di dare gli ultimi ritocchi ai lavori, in modo che si potesse prevedere una inaugurazione
del palazzo per il seguente 28 ottobre 1938. In effetti, però, esso non risulta abbia avuto una vera e propria apertura
solenne, ma piuttosto venne man mano occupato, in tempi successivi, a partire dal 1940, dai vari uffici della Giustizia,
sparsi per Milano. Secondo il Corriere della Sera del 7 luglio 1940, infatti, nella stessa data venne iniziato il
trasloco del Tribunale da piazza Beccaria alla nuova sede. Dovevano seguire subito dopo la Procura e l'ufficio istruzione
dei processi da piazza Missori; indi la Pretura civile e penale - da via S. Antonio e da via della Signora -; ultimi gli
uffici della Corte d'Appello - da via Clerici - e la Corte d'Assise - da via della Signora. La prima udienza penale del
Tribunale nella nuova sede - ed è ancora il Corriere della Sera che ne dà notizia - fu presieduta il 23 luglio 1940 dal
presidente del Tribunale Quaini, con il comm. Zuccarello come pubblico ministero. Quest'ultimo, in un lungo intervento,
si congratulava per l'erezione del nuovo palazzo, degno della città di Milano, mentre l'avv. Giorgio Marzola pronunciava
brevi parole di circostanza a nome della sua categoria. Il gr. uff. Quaini rispondeva con una concisa allocuzione e
dichiarava aperta l'udienza. Il 24 settembre 1940 fu la volta del primo processo della sessione autunnale della Corte
d'Assise nel nuovo Palazzo di Giustizia.
Lasciamo la parola al cronista del Corriere della Sera: "Cerimonia solenne e austera. Il discorso inaugurale è stato
pronunciato con eloquente parola dal sostituto procuratore generale cav. uff. Tribuzio, a cui con commosse evocazioni ha
risposto il presidente comm. Lamberti Bocconi. A nome del Foro si è associato l'avv. Romita. Successivamente è stata
trattata la causa del meccanico Renato Campi fu Giovanni, di 24 anni. Egli era penetrato, nella notte dal 3 al 4 giugno
1939, nell'esercizio del tabaccaio Eugenio Erigo a Quinto Romano e lo aveva colpito ferocemente al capo. Gli aveva poi
tolto dalla tasca interna del panciotto il portafoglio contenente 2.000 lire e si era allontanato dopo avere detto ai
familiari dell'Erigo, accorsi alle grida, che egli era là giunto in aiuto della sua vittima! Soltanto il 9 giugno il
Campi poteva venire arrestato, e l'Erigo usciva dall'ospedale dopo circa un mese.
Il processo è stato rapido, perché il prevenuto ha confessato il delitto. La Corte ha ritenuto trattarsi di rapina senza
aggravanti e ha condannato il Campi a 8 anni di reclusione, di cui 2 condonati. Difensore l'avv. Romita; P.C. l'avv. A.
Verdirame; canc.: dott. Terranova".